Giovanni Pintori e la Olivetti
Ringrazio l’amico e collega Pasquale Derudas per avermi fatto conoscere il lavoro di Giovanni Pintori, ispiratore di uno dei miei maggiori punti di riferimento nel graphic design: Paul Rand.
Giovanni Pintori nasce nel 1912 a Tresnuraghes, nella provincia di Oristano, da genitori nuoresi. A sei anni fa ritorno con la famiglia nel centro barbaricino. A quattordici inizia a frequentare il laboratorio del fotografo Piero Pirari ed in seguito lo studio del pittore Giovanni Ciusa Romagna.
La formazione
Nel 1930 vince una borsa di studio per l’ISIA di Monza. In questa modernissima scuola d’arte ha come compagni d’avventura il dorgalese Salvatore Fancello e l’oranese Costantino Nivola. I suoi insegnanti sono figure chiave della cultura razionalista del tempo: Edoardo Persico, Marcello Nizzoli, Xanti Schawinsky e Giuseppe Pagano.
La Olivetti
Subito dopo il diploma, Giovanni inizia a lavorare, legando indissolubilmente il proprio nome ad una delle più significative realtà industriali italiane del tempo: la Olivetti. Al culmine dell’industrializzazione di massa, Olivetti fa una scelta consapevole: quella di non per celebrare la macchina (da scrivere) in se, ma di raccontare il modo in cui può migliorare e velocizzare il lavoro dell’uomo, diventandone estensione di corpo e mente.
Per trasmettere l’umanità di una macchina, Pintori ricorre ad un’ampia gamma di riferimenti artistici che riporta nelle campagne pubblicitarie. Poesia, pittura, illustrazione e ingegneria meccanica forniscono idee, ispirazione e risorse.
La pubblicità come arte
Pintori si basa sulla concezione, degli anni ’30, della “pubblicità come arte” per arrivare a un nuovo linguaggio visivo che lo rende familiare. La sfida del consumatore è il punto di partenza. Sostiene che prima il pubblico vada incoraggiato a passare dalla penna alla macchina da scrivere e poi esortato a scegliere la seconda, mettendo in mostra i suoi vantaggi. Per fare questo, sviluppa diversi approcci, immagini e pretesti.
Il suo obiettivo è quello di rendere il passaggio dalla scrittura manuale, a quella a macchina, il più naturale possibile. “Non tento di parlare a nome delle macchine. Cerco di farle parlare da sole, attraverso la presentazione grafica dei loro elementi, delle loro operazioni e del loro uso.”
Con questo intento impiega sottili metafore visive per sottolinearne i benefici. Piume, uccelli in volo e velieri suggeriscono leggerezza e portabilità; caratteristiche che all’epoca difficilmente sono associate alle macchine da scrivere.
Nel corso di 30 anni, Pintori definisce l’immagine della Olivetti. Il suo talento sta nel comunicare informazioni complesse ed estese, attraverso un’estetica audace e semplice.
Sono proprio la coerenza e l’omogeneità di Olvetti ad ispirare nel 1956 il presidente di IBM nell’avviare un programma di immagine corporativa (guidato da Paul Rand) al fine di migliorare l’identità visiva dell’azienda.
La vita di Giovanni è costellata da una lunga serie di riconoscimenti. Ottiene la Palma d’Oro della Federazione Italiana Pubblicità nel 1950. Nel 1952 organizza per il MOMA la mostra Olivetti Design in Industry, prima di una lunga serie realizzate a Parigi, Londra, Losanna e Venezia.
Entra a far parte dell’AGI (Alliance Graphique Internationale) nel ’53. La stessa AGI, nel ’55, dedica una sala del Louvre al suo lavoro per Olivetti. Nel ’56 si aggiudica la Medaglia d’oro ed il Diploma di Primo Premio di Linea Grafica e della Fiera di Milano e nel ’57 il diploma di Gran Premio all’XI Triennale di Milano. Nel 1966 organizza la sua prima mostra personale in Giappone.
Dopo la morte di Adriano Olivetti, nel 1960, continua a ricevere prestigiosi riconoscimenti in tutto il mondo e a pubblicare su numerose testate. Dal 1967 lavora come libero professionista e negli ultimi anni della sua vita si dedica solo alla pittura.
Muore a Milano il 15 novembre del 1999 e nei mesi successivi la sua salma viene, secondo il suo desiderio, tumulata nel cimitero di Nuoro.
In un momento in cui il mondo della comunicazione visiva abusa della parola “creatività” mi piace ricordare un pensiero del Maestro Pintori: “La pubblicità è una forma di comunicazione che dovrebbe evitare vaghezza a favore di brevità, chiarezza e persuasività. Chi si occupa di pubblicità ha bisogno della logica e dell’immaginazione in egual misura“.
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